11 settembre 2012

Recensione "Bella addormentata"

Il nuovo film di Marco Bellocchio: amore per la vita, rispetto per la morte


Presentato in anteprima alla 69ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia il 5 settembre, ed uscito il giorno dopo nelle sale italiane, Bella addormentata racconta le storie di vari personaggi, le cui vicende si snodano durante gli ultimi sei giorni di vita di Eluana Englaro.

Un senatore di destra (Toni Servillo) deve affrontare una dura scelta, se seguire la propria coscienza o la linea del suo partito, votando per una legge con cui non è d’accordo. Sua figlia Maria (Alba Rohrwacher) manifesta col movimento per la vita davanti alla clinica in cui è ricoverata la Englaro. Due ragazzi, fratelli, manifestano per il fronte laico. Una donna tossicodipendente (Maya Sansa) vuole suicidarsi, ma un giovane medico (Pier Giorgio Bellocchio) cerca di impedirglielo a tutti i costi. Infine, un’attrice famosa (Isabelle Huppert) si affida alla religione e al miracolo per salvare sua figlia da un coma irreversibile.

Come lo stesso Bellocchio ha specificato più volte nelle sue interviste, questo non è un film su Eluana Englaro, ma mostra le vite di alcune persone che si intrecciano direttamente o indirettamente con la vicenda Englaro e la delicata questione dell’eutanasia che il suo caso ha tirato in ballo.

Ancora di più, è un film che analizza concetti importanti come l’amore, la morte, la visione differente su tali argomenti, che varia da persona a persona. Senza mai prendere una posizione o porre un giudizio, quest’opera mostra semplicemente le varie sfaccettature che ogni situazione presenta; e lo fa attraverso individui comuni, nella loro vita di tutti i giorni, o quando si trovano ad affrontare temi particolari di attualità come quello di Eluana, che resta sempre sullo sfondo (in una scena tra il deputato e sua figlia, il televisore acceso alle loro spalle manda in onda il telegiornale che parla della vicenda).

Proprio questo contenuto impegnativo ha suscitato pareri contrastanti sull’intera opera. Polemiche, già presenti durante la lavorazione, hanno comportato addirittura il blocco dei finanziamenti da parte dell’Assessorato Regionale alla Cultura del Friuli-Venezia Giulia.

Il film ha riscosso tuttavia un decisivo successo di pubblico con la bellezza di sedici minuti di applausi a Venezia; anche se alcuni critici hanno manifestato un’opinione diversa, d’accordo soprattutto sull’utilizzo di dialoghi eccessivamente espliciti, che rivelano troppo senza lasciare spazio all’immaginazione dello spettatore.

Un film controcorrente, proiettato in un momento particolare, a pochi giorni di distanza dalla morte del cardinale Carlo Maria Martini che ha riportato alla ribalta la questione affine dell’accanimento terapeutico, in relazione soprattutto al sempiterno scontro con la mentalità cattolica in uno Stato definito laico.

Due posizioni, quelle religiose e non, da sempre contrastanti in materia di vita e di morte, ma soprattutto di scelta, quando si tratta di raggiungere la propria morte naturale per eutanasia come nel caso di Eluana, o per rifiuto di continuare con trattamenti terapeutici ritenuti inefficaci, secondo la volontà espressa  dal cardinal Martini.

Bella addormentata si è aggiudicato infatti a Venezia il premio Brian assegnato dalla giuria dell’associazione UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti), per il modo in cui ha affrontato la questione della scelta individuale sia dal punto di vista spirituale che politico.

L’opera di Bellocchio, che in Italia ha già incassato ben 50.606 euro nel primo giorno, è subito contesa dai festival di tutto il mondo, da Toronto a Londra, Busan, Tokyo, Mosca e Rio.


Pubblicato il 10 settembre 2012 su Ghigliottina.it

4 settembre 2012

Recensione "Il cavaliere oscuro - il ritorno"

Tormento e rinascita di un supereroe “umano”


È uscito il 29 agosto nelle sale italiane l’atteso capitolo conclusivo della saga di Batman con il titolo "Il cavaliere oscuro – il ritorno”, di Christopher Nolan.

Un nuovo “cattivo” terrorizza Gotham City nelle vesti di Bane (Tom Hardy), l’uomo con la maschera. Bruce Wayne (Christian Bale), ritiratosi dalle scene da ormai otto anni, dopo la morte della sua amata Rachel e del procuratore Harvey Dent, si ritrova a dover indossare di nuovo i panni dell’antieroe per eccellenza: Batman.

Con questo lungometraggio sembra chiudersi un ciclo, che riconduce al principio, come a voler riassumere e completare tutta la storia, tramite una narrazione ben strutturata e particolareggiata, in cui tutti i tasselli si inseriscono al loro posto. Riaffiorano elementi del primo capitolo come la Setta delle Ombre e la figura di Ra’s al Ghul, oltre ad una breve apparizione dello “Spaventapasseri” Jonathan Crane.

Vi sono anche alcune novità: l’entrata in scena di Catwoman, ad esempio, interpretata da Anne Hathaway in un costume semplice dal sapore retrò, che richiama quelli di Julie Newmar e Eartha Kitt nella serie televisiva di fine anni 60.

Finalmente anche Robin fa la sua apparizione, nei panni però del solerte detective Blake (Joseph Gordon-Levitt) che solo alla fine rivelerà il suo vero nome, e lascerà trasparire la sua intenzione di portare avanti l’operato di Batman nella salvaguardia della città.

Sì perché Bruce Wayne intende appendere al chiodo le vesti dell’eroe alato, sottolineando uno dei temi portanti di questa storia: la voglia di ricominciare da capo, costruirsi una nuova esistenza.

Durante tutto il film sia Bruce che Selina Kyle (Catwoman) – quest’ultima alla continua ricerca dello “smacchiatore”, un software in grado di cancellare ogni traccia di un individuo da tutti i database – lottano disperatamente al fine di conquistarsi la pace dell’anonimato, il diritto di lasciarsi tutto alle spalle per condurre una vita “normale”.

Proprio questa umanità, forse, rende Batman il supereroe più amato dagli spettatori. L’unico a non avere poteri speciali ma solo l’aiuto di una potente tecnologia, ideata dallo scienziato/inventore Lucius Fox (Morgan Freeman), che stavolta fornisce al difensore di Gotham City una moto super attrezzata e il mitico batwing. Dopotutto, come recita lo stesso Bruce Wayne << l’idea era di essere un simbolo: Batman poteva essere chiunque >>.

Come sempre Nolan fa emergere l’anima dei suoi personaggi, intensa e complessa, che riesce addirittura ad affiorare al di sopra delle incalzanti scene d’azione che non concedono mai un attimo di pausa, nonostante i 165 minuti di durata.

Il tormento dei suoi protagonisti sembra richiamato anche dai toni scuri della fotografia, caratteristica frequente del regista, come a voler dipingere un mondo tetro e segnato dal dolore, ma a cui lascia sempre una speranza. Il che ci conduce al secondo tema del film: proprio sulla speranza fa leva Bane, gettando fumo negli occhi agli abitanti di Gotham City, illudendoli di essere i veri padroni della città, portando invece scompiglio e distruzione: << lascerò che credano di poter sopravvivere. Li vedrai arrampicarsi l’uno sull’altro per restare al sole >> .

Una questione più che attuale, che ricorda forse la politica di molti governi e società del nostro mondo, che incantano i cittadini con vane promesse e false speranze. Un vasto numero di Gotham City da cui nascono figure come James Holmes, il venticinquenne americano che lo scorso 20 luglio, mascherato da Joker (la nemesi di Batman), ha ucciso 12 persone ferendone altre 58 in una sparatoria alla prima del film di Nolan in Colorado, non lontano dal luogo della famosa strage di Columbine.

Un altro debutto macchiato di sangue per Batman, dopo la morte dell’attore Heath Ledger, protagonista del precedente Cavaliere Oscuro, proprio nel ruolo di Joker. Nonostante tutto (o proprio grazie a questa sorta di macabra pubblicità), questi fatti non hanno limitato il suo successo nei cinema di tutto il mondo, esordendo in Italia in 363 sale, con un incasso stratosferico di 1.34 milioni di euro solamente nel primo giorno.



Pubblicato il 3 settembre 2012 su Ghigliottina.it