17 giugno 2012

Recensione "Midnight in Paris"

MIDNIGHT IN PARIS


Un film di Woody Allen.
Con: Owen Wilson, Rachel McAdams, Michael Sheen, 
Nina Arianda, Kurt Fuller.
Commedia,  durata 94 min. – USA/Spagna  2011.
Quattro candidature agli Oscar 2012 in cui ha vinto quella per 
la migliore sceneggiatura originale; altre tre candidature ed 
una vittoria sempre per la migliore sceneggiatura ai Golden Globes 2012; 
numerosissime altre candidature a festival e cerimonie di tutto il mondo, 
tra cui “miglior film extraeuropeo” ai Nastri d’Argento 2012.


Trama

Gil è uno sceneggiatore ed aspirante scrittore americano. Nel corso di una vacanza a Parigi con la futura sposa Inez e gli invadenti genitori di lei, si imbatte per caso in un evento “magico” che lo porta indietro negli anni Venti. Estasiato e affascinato dalla compagnia dei più grandi e artisti dell’epoca, cercherà di fare in modo di ripetere l’esperienza tutte le notti, suscitando le perplessità del futuro suocero.

Note e commenti

Di nuovo uno sceneggiatore hollywoodiano ed aspirante scrittore, di nuovo l’amore sconfinato per una città. Da Manhattan si passa stavolta a Parigi, in cui Allen riversa tutta la sua fascinazione per una delle località che più adora, e lo fa attraverso la divertente e genuina interpretazione di Owen Wilson, oltre ad inquadrature e panoramiche da sogno.
Midnight in Paris è costellato di citazioni, a partire dai numerosissimi personaggi che popolano la Parigi anni Venti, quali Fitzgerald e la moglie Zelda, Hemingway, Gertrude Stein, Dalì, Picasso, fino a Bunũel, per citarne alcuni; ma riprende anche storia e situazioni dell’epoca, reinventate per trasmettere consigli di vita al protagonista Gil, che insoddisfatto del suo presente si rifugia in questo mondo magico ambientato nel suo periodo favorito, che guarda con occhi ammirati definendolo il periodo “d’oro”.
E’ proprio qui che il film vuole tentare di trasmettere un messaggio: di non guardare con nostalgia al passato, che ci sembra migliore solamente perché non l’abbiamo vissuto, ma in realtà in ogni epoca, in ogni “presente” c’è la stessa insoddisfazione; e si dovrebbe tentare di trovare nel proprio presente una ragione di vita, senza sprecare la propria esistenza sognandola solamente invece di  viverla.
Anche Gil infatti, grazie all’incontro con i suoi miti e con Adriana, che si fermerà alla Belle Epoque (il suo periodo storico preferito), cambia modo di vedere le cose e decide di sistemare la sua vita lì, nell’epoca che gli appartiene.


Curiosità

Anche se di produzione spagnola e statunitense, il film è stato girato interamente in Francia, soprattutto nella città di Parigi.

Uscito nelle sale italiane il 2 dicembre 2011, Midnight in Paris ha ottenuto l’incasso d’esordio più elevato in Italia tra i film di Allen, raggiungendo la cifra di 2.203.671 euro in appena tre giorni.

 
Woody Allen in 5 titoli:

-      Il dittatore dello stato libero di Bananas (1971)
-       Io e Annie (1977)
-       La rosa purpurea del Cairo (1985)
-       Tutti dicono I love you (1996)
-      Match point (2005)





14 giugno 2012

Da Griffith a Lee, o i neri visti da Hollywood

Come ha influito "La nascita di una nazione" nella rappresentazione degli afroamericani.



David Lewelyn Wark Griffith nasce a La Grange, in Texas, nel 1875. Figlio del colonnello Jacob "Roaring Jake" Griffith che ha combattuto nell’esercito confederato durante la guerra di secessione americana (1861-65), egli cresce con i racconti mitici della guerra e con una rigida educazione protestante. Tutto ciò, ovviamente, contribuisce a formare la sua personalità, fortemente caratterizzata da una chiusura mentale che porta al pregiudizio e al razzismo; mentalità, tra l’altro, che riflette quella degli stati sudisti dell’epoca.

Griffith trasferisce questa sua visione del mondo anche nei suoi film, tra cui spicca per l’appunto il celeberrimo La nascita di una nazione (The Birth of a Nation, 1915), ambientato durante la guerra di secessione americana ed ispirato principalmente al romanzo di Thomas Dixon Jr. [1] The Clansman (1905) ed in misura minore a The Leopard’s Spots (dello stesso autore, 1902) di cui egli sembra accettare l’ideologia senza preoccuparsi della veridicità storica dei fatti narrati nei testi.

La nascita di una nazione descrive nella prima parte le vicende di due famiglie, una del Nord (in Pennsylvania) e l’altra del Sud (nel South Carolina), durante la suddetta guerra, fino alla vittoria degli stati dell’Unione guidati dal generale Grant [2]; nella seconda parte, si assiste al dominio del Sud da parte di affaristi del Nord e degli schiavi neri liberati, dipinti come violenti ed ignoranti, che creano l’anarchia con prepotenze verso i bianchi ed insediandosi in Parlamento; il finale del film, infine, mostra la "liberazione" del paese da parte del Ku Klux Klan [3] che finalmente ristabilisce l’ordine, creando una sorta di giustificazione storica della segregazione razziale e dei numerosi episodi di linciaggio a danno di neri.

Il film, proiettato per la prima volta al Clune’s Auditorium di Los Angeles con il titolo The Clansman e in seguito a New York con il titolo attuale, suscita comprensibilmente molte polemiche e critiche da parte di numerose riviste, giornali, associazioni (in particolare la NAACP : National Association for the Advancement of Colored People [4]), e persino delle rivolte, tanto che viene bandito in moltissime città americane ed europee perché tacciato di razzismo e colpevole di creare odio tra le razze; inoltre viene accusato di aver agevolato la rinascita del Ku Klux Klan, che riprese vigore dopo l’uscita del film.

Ovviamente, oltre alla questione del KKK, tra i punti critici di quest’opera vi è il fatto di dipingere gli afroamericani in termini completamente distanti dalla realtà, ossia come stupidi, zotici ballerini di tip-tap, o brutali approfittatori, la cui massima aspirazione è possedere le donne bianche arrivando anche allo stupro. Questi stereotipi rientrano nella classificazione stilata da Donald Bogle nel suo libro Toms, Coons, Mulattoes, Mammies and Bucks (1973) [5], che appunto suddivide in precise categorie le rappresentazioni dei neri a Hollywood, presenti sin dagli albori del cinema.

5 giugno 2012

Di nuovo al cinema con i fratelli Blues!


L'altro giorno ero a passeggio per Roma, davanti al cinema Madison e cosa vedo? Una locandina che annunciava il ritorno sul grande schermo di un vero cult del 1980: The Blues Brothers!
Sono nata nel 1986 e purtroppo non ho avuto modo di assistere la prima volta, ma di certo non mi farò scappare l'occasione di ammirare in sala il mitico film di John Landis, dopo averlo tante volte visto in televisione e in dvd. Perchè si sa.. al cinema è tutta un'altra cosa!
Grazie alla procedura di restauro che stanno subendo diverse pellicole negli ultimi anni (tanto per citarne alcune: Frankenstein Jr e Ritorno al futuro), e alla diffusione ad opera della Nexo Digital, a 30 anni dalla scomparsa del compianto John Belushi anche The Blues Brothers tornerà nei cinema (ahimè solo per due giorni) il 20 e 21 di questo mese.
Non possiamo perdercelo, nemmeno per un'invasione di cavallette!!



http://www.nexodigital.it/1/id_257/The-Blues-Brothers---Ritorna-al-Cinema.asp





1 giugno 2012

Recensione "This must be the place"


THIS MUST BE THE PLACE


Un film di Paolo Sorrentino.
Con: Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, 
Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten, Judd Hirsch.
Dramma/commedia,  durata 118 min. –  Italia/Francia/Irlanda 2011.
Premio ecumenico al Festival di Cannes nel 2011; pluripremiato ai 
David di Donatello 2012 per la migliore sceneggiatura, migliore fotografia, 
miglior trucco, migliori acconciature, miglior colonna sonora (a David Byrne) 
e miglior canzone; oltre a numerose altre candidature.


Trama

Cheyenne è una rock star. Leader del gruppo Cheyenne & The Fellows, attivi negli anni ’80, nonostante i suoi cinquant’anni ed il suo ritiro dalle scene continua a travestirsi e truccarsi come quando saliva sul palco. Ansioso e depresso, vive una vita agiata e priva di stimoli a Dublino con la moglie Jane. Ma la morte del padre, con cui non aveva contatti da diversi anni per via del suo stile di vita, lo spinge a tornare a New York dove scopre che il genitore stava tentando di rintracciare da diverso tempo l’ufficiale nazista che lo aveva umiliato durante il suo internamento in un campo di prigionia. Cheyenne decide così di continuare la ricerca del padre.

Note e commenti

Uno sguardo annoiato, un po’ assonnato, una chioma nera sparata in aria alla bell’e meglio e una risatina stridula accompagnano l’intero film in un incontro tra ironia ed esistenzialismo, tra una vita pacata e una (solo apparentemente) modesta avventura. È qui che si trova Cheyenne, in una specie di limbo tra un passato da rock star e un futuro che non ha ancora deciso come trascorrere, forse tormentato dalla paura d’invecchiare; e nel frattempo si aggira carico di noia per tutta Dublino talvolta insieme all’instancabile e premurosa moglie Jane, o più spesso con la sua giovane amica e fan Mary, che copia il suo look ed il suo sciatto e noncurante modo di vivere.
Arrivato in America, Cheyenne si imbatte nei personaggi più stravaganti: un singolare uomo d’affari, un’anziana insegnante di storia moglie dell’ufficiale nazista, la nipote dello stesso ufficiale che vive sola con il figlio, l’inventore delle valigie con le rotelle, l’ebreo esperto “scovatore” di nazisti che lo aiuterà nel suo intento, ed in infine anche David Byrne. Un viaggio e degli incontri che daranno finalmente una parvenza di movimento al suo piatto stile di vita; una sorta di percorso di crescita per questo eterno ragazzo che si trova più a suo agio con i fans adolescenti.
Sean Penn nei panni del protagonista è una figura particolare, carica di dolcezza e fragilità, che risulta simpatica già alla sua prima apparizione grazie soprattutto al contrasto tra l’eccentricità del suo aspetto e le movenze stanche abbinate ad una vocina sottile. Così anche le sue ansie ed il suo continuo fare battute nonostante una depressione cronica che le rende impossibile essere divertenti, ma proprio per questo strappano al pubblico più di un sorriso.
Sempre con bagaglio alla mano, o con un peso qualsiasi,  oltre a quelli che si porta appresso dentro di sé. Una rockstar decadente, ma un personaggio indimenticabile che Penn interpreta magistralmente, diretto da un Sorrentino come al solito singolare ma pieno di talento, intimista e ironico, e sempre accompagnato da buona musica.
Nonostante una narrazione un po’ disgregata è un film riuscito, che lascia nello spettatore una piacevole sensazione di leggerezza e di buonumore.

Cineforum "Decima Cinema"


Vorrei iniziare questo blog parlando di una bella iniziativa che abbiamo deciso di intraprendere con i miei amici dell'associazione A.C.A.P.E., con cui collaboro per il cineforum al Centro Culturale Aurora (a Roma). Abbiamo deciso di donare l'incasso del primo film alle zone terremotate dell'Emilia Romagna. Non sarà moltissimo (ricordo che il contributo è a libera sottoscrizione), ma quel "poco" ci piacerebbe farlo avere a chi in questo momento ne ha molto più bisogno. Con l'occasione posto il programma della rassegna, sperando che qualcun'altro decida di aderire e di compiere nello stesso tempo un bel gesto di generosità.






01/06   THIS MUST BE THE PLACE (di Paolo sorrentino, 2011)

08/06   SCIALLA (di Francesco Bruni, 2011)

15/06   MIDNIGHT IN PARIS (di Woody Allen, 2011)

23/06   LA FINE è IL MIO INIZIO (di Jo Baier, 2011)

28/06   LA GRANDE SEDUZIONE (di Jean-François Pouliot, 2003)


"Centro Culturale Aurora" Piazza Otello Boccherini, 25 - 00144 Roma
(inizio proiezioni ore 21,00)